Si alza e si volta, si avvicina lentamente al letto e sorride al micio, lo spalma sul plaid e gli regala un paio di carezze ben somministrate, ne ride. Poi torna al computer e pensa che, si, potrebbe anche scrivere qualcosa dopo tanto tempo, anche se gli manca l’impulso (ma d’altronde non è forse questa l’essenza di un esperimento?).
L’ora di filosofia a scuola quel giorno era particolarmente soffocante: fuori era già maggio e il prof continuava ad urlare qualcosa su Hegel che gran parte della classe aveva già rinunciato a capire da un pezzo. Il prof non urlava per rabbia, il prof urlava e basta, era la sua appassionata maniera di fare lezione; non era così irritante come può sembrare. La lezione gli importava poco, ma faceva finta di farsela importare, tanto avrà pur dovuto starci a fare qualcosa, in classe. Il protagonista, dico, non il prof. Lui, il protagonista, faceva pendolare il suo sguardo in maniera abbastanza regolare dalle trifore che imprigionavano la primavera al di fuori del palazzo fino ai capelli castano scuri di lei, un po’ trastullandosi, un po’ giocando a speculare sulla fantascienza che il suo cervello elaborava di minuto in minuto, e che lui caparbiamente si ostinava a vedere come il proprio futuro immediato. Naturalmente, una volta finito Hegel e tutti i suoi guai con la propria coscienza a proposito della Rivoluzione Francese, non si sarebbe verificata nessuna delle scene idilliache che gli rimbalzavano gaudenti dal cervelletto alla zona temporale, ma lui era riuscito perfettamente nella non facile impresa di sottostimare ampiamente questa considerazione. Quella giornata, invero, terminò tale e quale a tante altre, non che questo fosse un male, si capisce, ma non era e non fu quello il punto. Il punto è, e lo scopre voltandosi di nuovo verso il micio, attirato irresistibilmente dal manto argenteo, che né quella volta, né quelle altre tante volte, si ricordò di aver mai avuto nemmeno il vago sentore di quali strade la sua vita avrebbe preso nel futuro lontano e neppure in quello prossimo. Questo lo fa ridere un po’, e un po’ lo fa anche sentire superiore a tutti quelli – ce ne sono tanti, e anche all’epoca ce n’erano tanti – che sprecano metà del loro tempo utile a progettare e a pensare a cosa diventeranno da grandi, o anche solo tra qualche anno.
E un po’ invece lo rende triste, pensare di essere come una foglia secca che galleggia su una pigra pozzanghera, senza la minima idea di che cosa fare una volta che l’acqua si sia asciugata.
-
Articoli recenti
Commenti recenti
barbara su L’ora di filosofia valentina su Si stava meglio quando si stav… Poldo su Certe cose ti strizzano l… Call Me Rabbit Fight… su I love you, honey pie! Call Me Rabbit Fight… su I love you, honey pie! Archivi
- gennaio 2010
- novembre 2009
- giugno 2009
- aprile 2009
- marzo 2009
- dicembre 2008
- ottobre 2008
- settembre 2008
- agosto 2008
- luglio 2008
- Maggio 2008
- marzo 2008
- gennaio 2008
- ottobre 2007
- agosto 2007
- luglio 2007
- giugno 2007
- Maggio 2007
- aprile 2007
- marzo 2007
- febbraio 2007
- gennaio 2007
- dicembre 2006
- novembre 2006
- ottobre 2006
- settembre 2006
- agosto 2006
- luglio 2006
- giugno 2006
- Maggio 2006
- aprile 2006
- marzo 2006
- febbraio 2006
- gennaio 2006
- dicembre 2005
- novembre 2005
- ottobre 2005
- settembre 2005
- agosto 2005
- luglio 2005
- giugno 2005
- Maggio 2005
- aprile 2005
- dicembre 2004
Categorie
Meta
molto bello davvero… complimenti 🙂